20 Aprile, 2024

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Come difendersi dai rischi dell’overtraining

Come difendersi dai rischi dell’overtraining

1506967_10151873913157805_2038834706_nIl vecchio concetto per il quale allenandoci sempre di più si migliorano le prestazioni atletiche, è stato smentito da un recente sondaggio che ha fatto conoscere al mondo dei runners amatori gli effetti del superallenamento. Di solito si iniziano a programmare i nuovi obbiettivi al rientro dalle ferie, con buoni propositi si disegnano con cura sull’agenda “asterischi rossi” che corrispondono a date di maratone, mezze maratone, corse sui 10000 e così via, senza considerare che la pausa di inattività estiva ha

lasciato i suoi segni e che il corpo necessita di riabituarsi a tempi e modi di allenamento. Si parte da subito con l’esecuzione di sedute impegnative, senza consentire all’organismo di condizionarsi gradualmente agli sforzi richiesti. Ci alleniamo con questa metodologia per circa tre/quattro mesi e nel periodo di Natale, quando arriva Santa Claus, il regalo che troviamo sotto l’albero è un bel pacchetto confezionato a dovere con dentro tutti i sintomi della stanchezza e della poca voglia di avventurarsi nella corsa giornaliera inoltre lottiamo mentalmente con delle scuse che ci inventiamo per non indossare le “scarpette”.

Ogni corsa inizia con fare stanco, ogni passo diventa un impegno e non un piacere, ci sentiamo demotivati ed i ritmi che prima erano facilmente raggiungibili diventano insostenibili. Le strade che si percorrono ci fanno trovare davanti ad un bivio: a sinistra la decisione di abbandonare gli allenamenti, a destra quella di intensificarli nella speranza di riuscire a concludere sedute che sono risultate fallaci.

Nessuna delle due scelte è quella ottimale, otterremo solo un passaggio obbligato da una forma di superallenamento iniziale ad uno stato certo e conclamato.

La sensazione di affaticamento, in principio delegata solo al momento della corsa, inizierà ad invadere anche il privato, manifestandosi con stati di apatia e nervosismo. Il giorno comincia a ruotare in funzione dell’allenamento e diventiamo insofferenti con noi stessi e con gli altri.

Dieta e cura di se, che prima erano un buon regime di vita, adesso si esprimono come manie di persecuzione: l’allenamento è al primo posto della scaletta giornaliera, più simile ad un accanimento sportivo e vicino ad una sensazione per niente terapeutica.

Insistere su questo stile allontana il raggiungimento degli obbiettivi. A livello mentale, da questo momento fino alla consapevolezza di essere in overtraining, possono passare diversi mesi, il nostro approccio sbagliato è, a questo punto, diventato un malessere psico fisico. L’espressione dello stato di affaticamento di un corpo debilitato nella struttura e nella mente, si manifesta con la facilità di infortunarsi a livello muscolo scheletrico e ad avere stati di malessere generale come raffreddore e sintomi febbrili. Se non ci accorgiamo o meglio se ci ostiniamo a far muovere in modo inadeguato la macchina corpo, arriveremo dritti dritti ad un infortunio che sarà l’unica risorsa che possiamo vedere davanti per fermarci e recuperare.

Quando l’organismo deve far fronte ad uno sforzo maggiore, attinge energie da ogni molecola andando ad abbassare le difese immunitarie, perciò in ogni allenamento viene generato uno stato di stress che non si è più in grado di recuperare nei tempi che intercorrono tra una seduta e l’altra. Questo stress, provocato con la preparazione, teoricamente permette il miglioramento della prestazione. Trovare un punto di recupero che permetta di inserire l’allenamento successivo quando i livelli energetici non sono ancora tornati ai criteri iniziali per innalzare sempre il punto di partenza, rappresenta la chiave di svolta, il giusto dosaggio. I sintomi del superallenamento sono:

 

  • Diminuzione della forza;
  • Difficoltà di recupero degli allenamenti;
  • Catabolismo muscolare;
  • Fatica generalizzata;
  • Aumento frequenza cardiaca a riposo;
  • Risvegli notturni e difficoltà a riaddormentarsi;
  • Senso di svogliatezza.

 

L’unione di 4/5 sintomi contemporaneamente potrebbero confermare la sindrome da superallenamento, l’intensità invece, andrà a pari della gravità degli stessi.

Una volta ottenuta una diagnosi, la migliore soluzione è interrompere la preparazione per un breve periodo che va da 1 a 3 settimane, nel frattempo potremo svolgere attività alternative più leggere rispetto ad una preparazione atletica. Questa la pozione che restituirà al corpo lo stato di forma fisica e mentale e permetterà all’organismo di recuperare dall’eccessivo lavoro svolto.

Il passo successivo sarà quello di ascoltare e seguire le sensazioni, ricominciare in modo graduale adoperando sedute brevi che permettano alla passione di riaccendersi, variare gli allenamenti e prendersi cura dell’alimentazione e dell’idratazione.

Quello che influisce maggiormente rimane sempre la frequenza e il volume degli allenamenti.

La crescita fisica avviene quando l’organismo prova a costruire in maniera migliore ciò che prima è stato consumato.

È difficile trovare il punto di equilibrio in cui riassumere il picco massimo di carico utile a parità di recupero. Non c’è un chilometraggio settimanale da non superare o una densità qualitativa oltre la quale non andare.

Il corpo si prepara negli anni a reggere carichi sempre maggiori, perché si è fortificato nel tempo se ha eseguito corretti allenamenti di costruzione.

La mente diventa sempre più solida nel reggere sedute lunghe o intense perché educata a mettere in campo risorse apprese nel tempo.

Tutto può crescere in un organismo e quando i valori fisici iniziano a decrescere per l’età, in genere l’esperienza pareggia il minor potenziale a disposizione.

L’evoluzione dell’uomo e di conseguenza dell’atleta non finisce mai, è un mutare continuo e, in chi conosce bene se stesso, il segno del tempo è un qualcosa di molto lieve.

Il fisioterapista tedesco Jurgen Melzer scriveva su “New Studies in Athletics” del 1987: “L’alternanza di sforzo e recupero dallo sforzo, lavoro e rigenerazione, stress e rilassamento costituisce il ritmo naturale di ogni essere vivente, di ogni cellula, fibra, muscolo, organo dell’essere umano in tutta la sua complessità. Soltanto la naturale alternanza di allenamento e rigenerazione rende possibile risultati e prestazioni di alto livello. Gli organi per migliorare il loro funzionamento, devono essere caricati fino al limite della loro capacità massima di sopportazione, così da raggiungere gli adattamenti necessari, che costituiscono i prerequisiti per uno sviluppo continuo della prestazione atletica. Il susseguirsi di determinati carichi di allenamento, diversi per tipo, durata ed intensità, porta ad adattamenti funzionali dell’organismo. D’altro canto, l’affaticamento costituisce un segnale fisico, naturale, che ricorda all’atleta quando è il momento di rilassarsi e recuperare”.

È semplice, quindi, trarre la conclusione da tutti questi ragionamenti: il carico ragionato induce un adattamento ed un miglioramento dei parametri base, quando il limite massimo viene oltrepassato si innescano tutti quei meccanismi che portano alla regressione delle prestazioni e ad una cattiva salute generale.

La progressione e l’alternanza del carico sono i due aspetti da non perdere mai di vista. Essi ci permettono di essere sempre efficienti e con prestazioni brillanti.

Scritto da Massimo Santucci

 

Pubblicato su Podismo e Atletica

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